Un vino che Vale la Pena degustare!
Vale la Pena.
Non è solo il vino prodotto con le uve del carcere di Alba ma è il nome di un intenso programma in iniziative sul carcere e dintorni che si terrà ad Alba tra il mese di ottobre e dicembre.
All’interno del progetto “Storie di cibo dietro le sbarre” VALE LA PENA parlarne!
Quest’anno si sigla la settima edizione, e il tema è il lavoro all’interno e all’esterno degli istituti penitenziari: esposizioni, mostre, momenti di riflessione ed approfondimento oltre alla presentazione del nuovo vino prodotto con l’uva dell’Istituto Montalto, la casa di reclusione albese.
Si parte domenica 1° ottobre in piazza Elvio Pertinace dove, dalle ore 9.00 alle ore 18.00, il Mercato della Terra ospita “Produzioni Ristrette”: una rassegna di cibi, oggetti artigianali, abiti e accessori nati all’interno di progetti finalizzati al reinserimento delle persone ristrette.
L’iniziativa prende il nome dal progetto nato nel 2006 che prevede la coltivazione dell’uva, Barbera con qualche pianta di moscato e dolcetto, all’interno del carcere albese.
L’anno scorso sono stati prodotti 40 quintali di uva, quest’anno la previsione è di 50. Alla vinificazione, imbottigliamento ed etichettatura provvede l’Istituto Enologico Umberto I di Alba per una produzione annua di 1.400 bottiglie.
Il processo è seguito dall’agronomo Giovanni Bertello, che da anni cura i progetti agricoli nella Casa circondariale albese e dallo staff degli educatori il cui responsabile è Sergio Pasquali.
“Sono state otto le persone detenute impegnate nel vigneto nei mesi tra marzo e giugno; erano tre quelle che venivano dal carcere di Fossano con le previsioni dell’articolo 21 dell’ordinamento penitenziario. Nel 2018 dovrebbe iniziare il corso per formare altre persone da inserire nel progetto”
spiega il garante albese dei detenuti Alessandro Prandi.
L’amministrazione comunale albese appoggia in pieno questa iniziativa, e infatti il sindaco di Alba Maurizio Marello precisa:
“Il mercatino Vale la Pena è un’iniziativa che come amministrazione abbiamo voluto convintamente e lanciato il 2 ottobre del 2011. Da allora è diventato un appuntamento tradizionale della prima domenica di Fiera del Tartufo, perla di diamante in un programma di iniziative sull’argomento carcere previste in autunno.
Lo scopo è sempre quello di dare spazio e visibilità alle attività presenti nelle carceri italiane atte a riabilitare e favorire l’integrazione dei detenuti dopo il fine pena”.
La manifestazione è organizzata dalla Compagnia di Iniziative Sociali – CIS e dall’associazione di volontariato penitenziario Arcobaleno con il contributo della Fondazione Cassa di Risparmio di Cuneo ed in collaborazione con la Città di Alba, i Garanti regionale e comunale delle persone private della libertà personale, la Casa di Reclusione “Giuseppe Montalto” di Alba, l’Ente Fiera Internazionale del Tartufo Bianco d’Alba, il Mercato della Terra “Italo Seletto Onlus” di Alba e la Consulta comunale del Volontariato.
Nell’organizzazione sono coinvolti l’Istituto di Istruzione di Stato “Umberto I” di Alba e Syngenta, gruppo mondiale interamente dedicato all’agribusiness, impegnato a sostenere il progetto di coltivazione delle uve presso il carcere albese.
Lavorare in carcere è un’opportunità che mette alla prova detenuti, istituzioni e operatori; ma rappresenta anche uno dei grandi problemi del nostro sistema penitenziario: sono pochissimi coloro che lavorano spesso esercitando mansioni dequalificate.
Su questo argomento il garante Prandi continua:
“Investire nel lavoro significa investire in dignità e di conseguenza in legalità e sicurezza.
Su dieci persone che entrano nelle prigioni italiane, sette ci torneranno; si tratta di una delle recidive più alte in Europa. Il rapporto si inverte se durante la carcerazione si è potuto seguire un percorso finalizzato ad acquisire o ampliare competenze in ambito lavorativo. E’ nostra intenzione sensibilizzare l’opinione pubblica, le istituzioni locali e il Comune di Alba sulle opportunità normative, fiscali e di crescita sociale che questo investimento potrebbe comportare”.
Un ruolo importante è quello della casa di reclusione, la cui direttrice Giuseppina Piscioneri ricorda che:
“La validità di questo progetto di agricoltura sociale sta nell’offrire una professionalità spendibile anche al termine della reclusione, assolvendo in questo modo la funzione più delicata affidata agli istituti di pena, ossia favorire il processo di reinserimento sociale del detenuto non in senso astratto e generico, ma rapportandosi concretamente al contesto della comunità locale e alle opportunità offerte dal tessuto produttivo del territorio”.
E visto il coinvolgimento dell’Istituto Umberto I che ha un ruolo primario in questo progetto, importante è anche la dichiarazione della Dirigente scolastica dell’istituto enologico, Antonella Germini:
“Il coinvolgimento dell’Istituto, uno dei dieci in Italia in cui si studia enologia, rappresenta un’estensione della nostra missione didattica e di formazione professionale radicata nella vita e nella vocazione delle nostre terre.
Siamo entusiasti di questa esperienza e di notare come la produzione di Valelapena stia acquisendo notorietà ed estimatori ben oltre i confini di Alba.
Il progetto ha dimostrato che l’agricoltura e l’enologia possono svolgere un ruolo sociale niente affatto marginale e ha aiutato i nostri allievi a potenziare le proprie competenze, partecipando fattivamente alle attività di didattica laboratoriale”.
Storie di cibo non mancherà di certo a questo appuntamento, e lo racconterà direttamente da Alba inserendolo nella serie delle Storie di cibo dietro le sbarre.
Posta una risposta