Non si prende solo caldo. Cos’è? Il Sake.
Quante cose da imparare su questa bevanda.
Ho preso parte al Festival del Sake a Milano, organizzato dall’associazione di cultura giapponese La Via del Sake in collaborazione con produttori e sommelier di questa bevanda.
Adoro la cultura (gastronomica) giapponese, e ignorante sulla materia “sake” ho aderito molto volentieri ai corsi proposti dall’evento, per conoscere le basi di questa bevanda e soprattutto per imparare ad abbinarla correttamente ai cibi più adatti.
Marco Massobrio, presidente dell’associazione La Via del Sake, e vero esperto di questo tema, mi ha aiutata a capirne di più, o per meglio dire ha messo le basi alla mia lieve conoscenza in materia, perchè da sapere ce n’è davvero tanto, e per di più molti termini e concetti sono solamente in giapponese, quindi c’è anche l’ostacolo “idioma”!
Ma per quello che interessava a me, ho avuto tutte le risposte, e anzi ho scoperto particolarità che non immaginavo: ero abituata a considerare il Sake semplicemente come la bevanda calda che nei ristoranti giapponesi offrono a fine cena.
E invece dietro questa calda bevanda (ma pi si beve solo calda?!) si nasconde un mondo, un po’ come dietro al concetto del vino italiano.
Cerco di condensare tutto quello che ho appreso in qualche considerazione, rimandando agli esperti del settore una più approfondita analisi, magari con una prossima intervista!
- Il sake è un infuso fermentato, e non un distillato: a riguardo, al di fuori del Giappone, c’è ancora un sacco di confusione, visto che appunto si pensa che si possa bere solo caldo!
- Viene prodotto esclusivamente a partire da riso e acqua, che interagiscono con microorganismi chiamati Koji-kin (una muffa) e Kobo (lievito del Sake). Solo riso particolarmente raffinato viene usato per la preparazione del Sake e gli dona le sue particolari caratteristiche.
- Koji-kin e’ una muffa che converte amidi in zuccheri, che poi vengono utilizzati dal lievito Kobo. Durante il processo di fermentazione questo particolare lievito, chiamato saccharomyces cerevisiae, converte lo zucchero in alcol. Il termine giapponese kobo significa madre della fermentzione, mentre il nome latino significa ‘lievito di birra’.
- La qualita’ dell’acqua e’ estremamente importante perche’ il suo contenuto di minerali influisce molto sul sapore del Sake. Un’acqua di media durezza e’ ideale per la fermentazione, a causa del ridotto contenuto di ferro e manganese. Visto che in Giappone ci sono piogge intense e regolari e l’acqua di falda e’ abbondante e di qualita’, è possibile produrre dell’ottimo Sake in molte regioni.
- I giapponesi a tavola hanno un rituale che prevede di preoccuparsi sempre di riempire il bicchiere dei vicini e mai del proprio….questo porta alla fine tutti ad avere costantemente il bicchiere pieno, e ad ubriacarsi regolarmente!!!
- Il sake è completamente naturale, non contiene solfiti, quindi anche le costanti ubriacature dei giapponesi, non causano il classico mal di testa della sbornia da vino o superalcoolici….
“Bevete Sake, gente, bevetelo!
Per quanto riguarda la questione (a mio avviso più interessante) degli abbinamenti, la bella scoperta è stata che:
questo “vino di riso” può essere accostato a molti dei piatti tipici della nostra tradizione, anzi ne consente un maggiore apprezzamento oltre che lasciare la bocca pulita, sgrassata ed esaltarne i sapori.
Nel caso specifico dell’evento a cui ho preso parte, abbiamo avuto la possibilità di accostare vari tipi di Sake a carne salada; a formaggi di un certo livello e consistenza (quale il Roquefort erborinato e l’auricchio piccante); la bottarga…
Non mangio carne e di norma non adoro nemmeno particolarmente i formaggi, tanto meno quelli così forti e saporiti; ho comunque fatto la prova abbinamento e sono rimasta piacevolmente stupita dal trovarmi la bocca assolutamente pulita, non impastata, quasi asciutta e neutra, dopo il sorso finale di Sake.
Insomma una piacevole scoperta, anche per i sommelier che partecipavano con me al corso e che avevano proprio l’obiettivo di capire come introdurre questa bevanda nella loro lista dei vini.
Il “neo” è sicuramente il prezzo, anche perchè considerando dazi e costi di importazione, per bere una bottiglia di un buon livello (paragonabile ad un vino da 20€ al ristorante) occorrerebbe spenderne almeno 50€.
Ora non so se mai pasteggerò a Sake, di sicuro queste informazioni mi hanno aperto un mondo e dovessi mai partecipare al “festival del Roquefort” andrei sicura di poter assaggiare tutto, e tornare con la bocca pulita e linda;-)
Qui un estratto di video girato subito dopo le degustazioni di Sake al Festival: le mie prime impressioni a caldo 😉
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