Il cibo che cura: alcuni rimedi della nonna

Un tempo ci si curava con rimedi naturali, i classici rimedi della nonna.

Le nonne, e sempre più le bisnonne, avevano una ricetta per ogni malessere o malattia.

In un mondo sempre più legato al naturale, al bio, al green, tornano di moda anche i rimedi della nonna, sia in cucina che nella cura di malattie.

Vengono rispolverati libricini, manuali, appunti, e anche consigli tramandati da generazioni.

Dal vino cotto con zucchero e cannella, ottimo per l’influenza, alle patate crude da utilizzare sulla pelle in caso di ustioni; dalla buccia di banana sulla fronte per alleviare il mal di testa al basilico come antiprurito per le zanzare; dalla liquirizia come antistress naturale, alla camomilla in impacco per curare l’orzaiolo; dai chiodi di garofano usati per allontanare le formiche, al succo d’uva contro l’emicrania…

Rimedi della nonna che non hanno epoca, anche se alcuni forse risultano al giorno d’oggi un po’ impraticabili e di difficile realizzazione.

Qui abbiamo voluto riscoprirne alcuni, per utilizzare il cibo per rimedi anche insoliti…e che forse ai giorni d’oggi verrebbero visti un po’ come bizzarri! Li riproponiamo comunque, invitanto poi a curiosare in fondo all’articolo, per il link ad un e-book di Storie di cibo da scaricare.

 

  • Calcoli: Bollire gramigna o piccioli di ciliegi, ottenendo così una bevanda da assumere digiuni al mattino, alternandola ad infusi di camomilla o malva.
  • Bronchite: Si ricorreva in questi casi ai Polentinn, cataplasmi preparati con farina di linosa, ricavata dai semi del lino, e acqua. La “polentina”, cosparsa di semi di camomilla e spalmata tra due piccoli teli, veniva appoggiata calda sul petto del malato, in almeno due momenti, durante la giornata.
  • Abbassamenti di voce:  si beveva il vin brulè, preparato con vino rosso bollito in aggiunta a chiodi di garofano, cannella e zucchero.
  • Tosse: preparare del caramello da spezzettare a freddo, ottenendo pastiglie spigolose da sciogliere in bocca.
  • Problemi intestinali: Un tempo la regola del purgarsi andava rispettata mensilmente, la “pulizia dell’intestino” veniva considerata dalle nostre nonne come il miglior rimedio preventivo per molti mali e assolutamente necessario ad ogni “cambiamento d’aria”, ossia quando capitasse di viaggiare.
  • Classici mal di pancia: andavano per la maggiore olio di ricino o, in alternativa, decotti con manna, cassia e liquirizia. Oltre all’assunzione diretta per via orale, l’olio di ricino veniva impiegato per ungere la pancia sofferente, coprendola poi con la carta de zuccher, dal potere assorbente e utilizzata dal droghiere per impacchettare appunto lo zucchero.
  • Artrosi: La parte dolente andava unta con la sugna, grasso di maiale stagionato e conservato avvolto nella carta de zuccher, e che da fresco serviva come condimento in cucina.
  • Mal di denti: in caso di dente cariato, si inserivano al suo interno un po’ di tabacco o una goccia di grappa, in attesa dell’arrivo del medico generico che solitamente optava per l’estrazione, il più delle volte effettuata sul bordo del campo in cui il contadino sofferente stava lavorando! In ogni caso, le infiammazioni venivano attenuate con sciacqui di infuso di camomilla o malva, quest’ultima eventualmente bollita e applicata a foglie intere sulla parte dolente.
  • Bimbi in età da dentizione: veniva legato al collo un frammento di crosta di formaggio, da rosicchiare durante la giornata, una sorta di ciuccio, ma decisamente più saporito di quelli venduti in farmacia! Quante mamme, al giorno d’oggi, sarebbero disposte ad esibire il proprio figlio con una collanina di spago a cui appendere un ciondolo di Grana Padano?
  • Slogature: Un albume d’uovo andava sbattuto con aggiunta di crini di cavallo; la pastella ottenuta veniva posta su una pezza di tela con la quale avvolgere l’arto interessato, ottenendo una sorta di ingessatura casalinga, nel momento in cui l’amalgama andava seccando ed indurendo (…capiamo che è preferibile una pomata alle calendula!)
  • Geloni: A causa del freddo intenso, generalmente si incominciava mediamente a soffrire di geloni a mani, piedi e ginocchia, nell’età compresa fra infanzia e pubertà. Malanno molto doloroso e che causava un fastidioso prurito, soprattutto nei pressi di fonti di calore, veniva curato con impacchi di alcool o strofinamenti con aglio, affinchè la pelle acquistasse resistenza e non si lacerasse, formando delle piaghe (Vogliamo vedere chi al giorno d’oggi va in giro strofinato d’aglio a seguito di geloni!)

  • Orzaiolo: Un rimedio alquanto simpatico e bizzarro, prevedeva di guardare tutte le mattine dentro una bottiglia d’olio, appoggiandovi al bordo l’occhio malato.
  • Giradito: Fastidiosa infezione alle dita di mani o piedi, di cui alcuni soffrono tutt’oggi, e provocata da germi che aggredivano anche ferite superficiali, se non curate in modo adeguato. Andava combattuta immergendo la parte malata in acqua caldissima e salata, ma allorchè lo stato avanzato del malanno avesse già generato del pus, si doveva ricorrere ad impacchi con pane casereccio ricco di lievito imbevuto nel latte, per portare a maturazione l’infezione. Questa cura si rivelava valida per qualsiasi tipo di ascesso cutaneo, il cosiddetto bugnon, che giungeva a guarigione anche se unto con grasso d’oca stagionato un anno. (Nel caso interessasse sappiamo dove recuperare dell’ottimo grasso d’oca stagionato….!)
  • Caduta dei capelli: Per stimolarne la ricrescita ci si sottoponeva ad impacchi con lardo o midollo animale; i capelli caduti venivano spesso conservati e riutilizzati per la realizzazione di piccoli, improbabili toupet.
  • Fuoco di Sant’Antonio: Eruzione cutanea alquanto ostica da curare, come ancora risulta ai giorni nostri, e così definita in ricordo dei falò accesi nel giorno di Santo, visto che ne assumeva lo stesso colore, causando forti bruciori. Per lenire questi fastidi, si usava strofinare la parte interessata con farina di granoturco, ripulendola poi con uno scopino di saggina, pregando affinchè con quel gesto il male scomparisse in modo definitivo.

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