Don Chisciotte. Tra follia e coraggio, al Manzoni Milano

DON CHISCIOTTE, adattamento di Francesco Niccolini, al Manzoni di Milano.

Spettacolo liberamente ispirato al romanzo di Miguel de Cervantes Saavedra, si ragiona su follia e normalità.

Lo spettacolo liberamente ispirato all’iconico e visionario romanzo di Cervantes, narra le strabilianti avventure di un eroe fuori dal tempo, il cui spirito, infiammato dalla lettura dei poemi cavallereschi, anela a epiche imprese.

Alessio Boni vive e veste con ardore i panni e l’armatura del cavaliere errante accanto all’ecclettica e raffinata Serra Yilmaz nel ruolo del fido scudiero Sancho Panza , giovane contadino simbolo di purezza di cuore, la cui saggezza di matrice popolare contrasta con la lucida e nobile follia di Don Chisciotte.

Lo dichiara lo stesso Boni:

“Chi è pazzo? Chi è normale?
Forse chi vive nella sua lucida follia riesce ancora a compiere atti eroici.

Di più: forse ci vuole una qualcheforma di follia, ancor più che il coraggio, per compiere atti eroici.

La lucida follia è quella che ti permette di sospendere, per un eterno istante, il senso del limite: quel “so che dobbiamo morire” che spoglia di senso il quotidiano umano, ma che solo ci rende umani. L’animale non sa  che dovrà morire: in ogni istante è o vita o morte. L’uomo lo sa ed è, in ogni istante, vita e morte insieme.

Emblematico in questo è Amleto, coevo di Don Chisciotte, che si chiede: chi vorrebbe faticare, soffrire, lavorare indegnamente, assistere all’insolenza dei potenti, alle premiazioni degli indegni sui meritevoli, se tanto la fine è morire?

Don Chisciotte va oltre: trascende questa consapevolezza e combatte per un ideale etico, eroico. Un ideale che arricchisce di valore ogni gesto quotidiano. E che, involontariamente, l’ ha reso immortale. È forse folle tutto ciò? È meglio vivere a testa bassa, inseriti in un contesto che ci precede e ci forma, in una rete di regole pre-determinate che, a loro volta, ci determinano?

Gli uomini che, nel corso dei secoli, hanno osato svincolarsi da questa rete – avvalendosi del sogno, della fantasia, dell’immaginazione – sono stati spesso considerati “pazzi”. Salvo poi venir riabilitati dalla Storia stessa.

Dopotutto, sono proprio coloro che sono folli abbastanza da credere nella loro visione del mondo, da andare controcorrente, da ribaltare il tavolo, che meritano di essere ricordati in eterno: tra gli altri, Galileo, Leonardo, Mozart, Che Guevara, Mandela, Madre Teresa, Steve Jobs e, perché no, Don Chisciotte”.

Come sempre in ogni opera e attività culturale ci piace “infilare” la parte di cibo.

E come sappiamo, il Cibo in Cervantes assume differenti funzioni sociali, culturali e storiche. Ed è presente fin dall’inizio della narrazione del Don Chisciotte e segna lo stretto legame esistente tra scrittore, opera e società del tempo.

“Un piatto di qualcosa, più vacca che castrato, brincelli di carne in insalata, il più delle sere, frittata in zoccoli e zampetti il sabato, lenticchie il venerdì, un po’ di piccioncino per soprappiù la domenica, esaurivano  i tre quarti dei suoi averi”

Già questa citazione, che in realtà è l’inizio del capitolo primo, risulta essere molto utile per capire chi sia il protagonista e a quale ceto appartenga. L’autore infatti riporta in modo abbastanza preciso la dieta alimentare della bassa nobiltà castigliana, gli hidalgos.

Vedremo se anche in questo adattamnto si da spazio ampio alla parte di racconto di tradizione culinaria.

E anche tornando alla pazzia di cui si accennava prima, è proprio questa che, unita ad altri fattori, assume rilevanza durante l’investitura a cavaliere da parte di un oste: pane bagnato nero e rancido e baccalà mal cotto, sono questi i cibi che gli vengono offerti (non senza scherno) per festeggiare la sua investitura e che la sua immaginazione trasforma in alimenti adatti al suo rango.

Indubbiamente la differenza tra i ceti si fa sentire anche nel rapporto del protagonista con il cibo: per don Chisciotte esso assume un valore di secondaria importanza; preso dai suoi sogni pone l’atto del mangiare in secondo piano, ad imitazione dei suoi tanto amati cavalieri erranti e delle loro gesta.

Cibo, follia, sogni e cavalieri erranti, ecco quello che ci attendiamo da Alessio Boni.

Il resto sarà storia.

 

Teatro Manzoni, dal 28 febbraio al 5 marzo
BIGLIETTI

Prestige € 35,00 - Poltronissima € 32,00 - Poltrona € 23,00 - Under 26 anni € 15,50

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