10 anni di De.Co. a Milano.
Si festeggia quest’anno il decennale del riconoscimento De.Co (Denominazione Comunale) alla Michetta (ottenuto nel 2007) e in questa occasione andiamo a riscoprire le sue origini e la sua storia.
Partiamo dal nome:
il termine michetta nasce nel periodo del 1700, quando i funzionari dell’Impero austro-ungarico, cui faceva capo la Lombardia dopo il trattato di Utrecht del 1713, portarono con sé a Milano alcune novità alimentari che i milanesi fecero proprie.
Tra queste l’allora famoso Kaisersemmel, un panino variabile da 50 a 90 grammi e dalla forma di una piccola rosa.
I Milanesi chiamarono il Kaisersemmel con il diminutivo di “micca”, ossia “michetta”, micchetta in milanese.
Inizialmente i risultati di panificazione non furono entusiasmanti perché il Kaisersemmel a Milano non rimaneva, , fresco e fragrante fino a sera, come invece avveniva a Vienna.
Si rammolliva velocemente, divenendo “gommoso”, a causa di un’umidità eccessiva del clima lombardo confronto ad un più asciutto clima viennese.
L’obiettivo iniziale fu quindi di privare quel pane della mollica, svuotarlo, alleggerirlo, renderlo “soffiato”, per fare in modo di averlo fragrante e digeribile, garantendone una migliore conservazione. I maestri panificatori milanesi riuscirono in questo intento, creando un pane unico diventato poi famoso.
Per quanto riguarda la lavorazione, fondamentale nella produzione della michetta è la biga, che è un impasto prefermentato che si rimpasta il giorno seguente, e aggiunge all’impasto del pane una serie di valori.
In sostanza si prepara mescolando ed impastando farina di forza, acqua con malto e lievito, tutte in percentuali definite fino ad ottenere un impasto piuttosto sostenuto che viene lasciato riposare per almeno 16 ore.
Dopo questo tempo la biga viene impastata con farina di forza, acqua e sale, e manualmente o meccanicamente si formano impasti di peso variabile tra 50 e 90 g, con la caratteristica forma a fiore (da cui, appunto, il nome alternativo rosetta). Questa particolare forma viene ottenuta con 5 incisioni, realizzate sulla pasta ancora cruda, che dividono il panino in altrettanti lobi o spicchi, simili nella forma ai petali di un fiore.
Parlando con vecchi fornai del milanese è ancora possibile ricordare le prime versioni in un tempo in cui la sola lavorazione manuale rendeva questo pane un prodotto da “tanto lavoro e poca resa”!
Un esempio di queste “chiacchierate” è quello riportato nel mio primo libro (“Storie di cibo nelle Terre di Expo” – R.R., N.T.), nella storia che riporta l’incontro con un panettiere storico di Cesate, in provincia di Milano:
“Qualcuno la chiamava Rosetta, per la sua caratteristica forma a fiore; variava di peso tra i cinquanta e i novanta grammi, e si otteneva miscelando farina, lievito, malto, sale e acqua.
La pasta, ancora cruda e lavorata a mano, andava incisa a mano cinque volte, per suddividerla in parti uguali, e per questo la Rosetta è sempre stato un pane complicato da lavorare, e che alla fine richiedeva un lungo e meritato riposo, prima di finire in forno. Contrariamente alle pagnotte, per esempio, il cui tempo di cottura variava a seconda della pezzatura…”.
E allora tra ricordi di impasti e tradizioni che tornano di moda e che vengono in qualche modo rivisitate, non ci resta che lanciare i nostri auguri:
Buon De.Co.mpleanno Michetta, sono 10 anni di questo meritatissimo riconoscimento!
E come si dice in queste occasioni: “100 di questi giorni”!
…ma forse a te, cara Michetta, possiamo permetterci di augurarne anche di più, perchè le tradizioni, specie quelle belle, non hanno motivo di morire.
Una curiosità legata alle De.Co milanesi: la michetta fa parte delle 10 De.Co che ad oggi ci sono nel comune di Milano: Cassoeula, Panettone, Barbajada, Risotto alla milanese, Costoletta alla milanese, Ossobuco alla milanese, Rostin Negaa, Mondeghili, Minestrone alla milanese.
E così ci siamo dati da soli qualche spunto per nuovi golosi auguri!
Posta una risposta