Pizza napoletana al carcere Poggioreale di Napoli: corso e degustazione.
Al via corso di pizzaioli in carcere, con un laboratorio attrezzato con due forni a legna da cui escono ogni giorno almeno cento pizze. Progetto dell’arcidiocesi di Napoli a Poggioreale, realizzato grazie all’impegno di Antonio Mattone, direttore dell’Ufficio di pastorale sociale e del lavoro dell’arcidiocesi di Napoli e da circa quindici anni volontario nelle carceri. La pizzeria interna è stata inaugurata con una cena all’interno della Casa Circondariale “Giuseppe Salvia Poggioreale” lo scorso 14 luglio, mentre da settembre prende il via l’attività di formazione.
Anche i detenuti del carcere “Poggioreale – Giuseppe Salvia” di Napoli potranno mangiare una vera pizza napoletana, preparata all’interno del penitenziario da loro compagni di sventura aspiranti pizzaioli.
Impareranno un mestiere, studieranno per ottenere il relativo diploma, e avranno un’opportunità in più, una volta tornati liberi, per reinserirsi nel mondo lavorativo.
Sono stati coinvolti molti soggetti, tra università, Regione Campania, le associazioni dei pizzaioli, il ministero della Giustizia. Tutti insieme per cercare di dare un futuro a queste persone che hanno fatto degli errori, ma che vogliono rimettersi in gioco, quindi un progetto di riscatto e di rinascita, come spesso ne raccontiamo tra le nostre Storie di cibo dietro le sbarre. Anche le Associazioni dei Pizzaioli Napoletani hanno partecipato, per favorire la collocabilità dei detenuti formati presso i loro associati, e il tutoraggio in una prospettiva di lavoro autonomo. Come spiega il responsabile Mattone:
“Gli atenei Federico II e Suor Orsola Benincasa si occuperanno delle selezioni per individuare i detenuti più adatti e motivati, quelli che davvero vogliono cambiare vita. Le tre associazioni che riuniscono tutti i pizzaioli della città si preoccuperanno invece di favorire la collocazione degli aspiranti maestri della pizza presso i locali dei propri associati, una volta che saranno pronti”.
Il progetto infatti mira a formazione lavorativa, al di là del diploma di pizzaiolo a fine formazione. I finanziamenti arriveranno per la maggior parte dalla Cassa delle ammende, i cui fondi sono destinati a migliorie delle strutture carcerarie o a progetti per i detenuti, e per il resto da fondi della Regione. Ogni anno verranno individuati quindici detenuti, più tre “riserve” nel caso di eventuali rinunce o liberazioni anticipate. Questi seguiranno un corso da 65o ore per apprendere il mestiere, e anche imparare gli elementi di base per mettersi in proprio, per cercare di formare non solo pizzaioli ma anche imprenditori. All’interno del carcere è stato allestito un laboratorio attrezzato con due forni a legna da cui escono ogni giorno almeno cento pizze, in due o tre varietà diverse, tra cui l’immortale “Margherita”. Appena sfornate, una piccola squadra di corrieri comincia a fare su e giù per i bracci in modo da esaudire le ordinazioni in pochissimi minuti, perché le pizze devono arrivare nelle celle ancora calde.
“Abbiamo fissato un prezzo molto basso, 2,5-3 euro per ciascuna, e i detenuti fino a oggi sembrano gradire moltissimo la novità, visto che le ordinazioni sono in continuo aumento”.
Tra circa un anno potrà scattare la seconda fase del progetto:
“Una seconda pizzeria, gemellata con quella di Poggioreale, ma all’esterno del carcere e quindi accessibile a tutti. Qui gli ex detenuti pizzaioli potranno effettuare il proprio tirocinio o lavorare regolarmente retribuiti, finché non saranno in grado di entrare a titolo definitivo nel mercato del lavoro”.
Infatti, grazie all’intervento della diocesi di Napoli, che è stata decisiva nella risoluzione dei mille intoppi burocratici, il progetto ha ricevuto la possibilità di utilizzare i locali di una chiesa non più adibita per il culto, l’ex chiesa di Santa Caterina al Pallonetto di Santa Chiara, in pieno centro storico.
Ed è proprio da qui che prende il nome l’intero progetto, “Brigata Caterina”.
Una nuova interessante Storie di cibo dietro le sbarre.
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