Pubblicato il primo libro dello chef Umberto De Martino, una stella Michelin a San Paolo D’Argon con il suo ristorante Florian Maison.
Da Sorrento a Bergamo: storia, ricette, racconti, con una introduzione di Tessa Gelisio.
Ogni chef ha in fondo il grande desiderio di raccontarsi, di lasciare un segno di sè che non sia solo nel palato dei suoi commensali. Un libro che sia una biografia della sua vita e dei suoi piatti, un vangelo delle sue opere, una bibbia delle sue ricette.
Non è sfuggito a questo richiamo lo chef Umberto De Martino, protagonista del volume edito Mediavalue, appena uscito con la sua storia, 60 ricette e poi sparsi tra le pagine gli ingredienti più importanti, quelli di una vita fatta di sacrifici, passione e desiderio di comunicare la sua cucina, con quel fare molto “sorrentino” intriso di pigrizia cronica e simpatia sorniona.
Nel libro si evidenzia in primis la sua storia, quella di
“uno chef che parte da Sorrento senza cinquemila lire e arriva a Bergamo con una stella Michelin”.
Il tragitto tra un punto e l’altro della storia è fatto di sfide, di cadute, di successi, di grandi delusioni e di ancor più grandi gioie. Lo chef si racconta quasi sempre con un fare tra il serioso e il malinconico, come se avesse sempre qualche punto ancora da risolvere.
“Sono nato in una famiglia semplice, normale, 6 fratelli, io ero quello meno valorizzato, il penultimo. Meno considerato perchè avevo un problema di balbuzia e mio padre, vecchio generale, classico padre padrone del sud, vedeva questo difetto come un handicap, una cosa negativa, tanto che io ero lo “scemo del villaggio”. Questo mi veniva fatto pesare anche a scuola, e quindi sono cresciuto col timore di espormi”.
Classe 1974, un’ infanzia non facilissima, che prosegue con la decisione a 15 anni di lasciare la scuola e di fare il cuoco, mestiere in cui non era necessario spendere molte parole……
“L’ho deciso non perché me la sentivo e lo volevo fare, ma solo perché a Sorrento la maggior parte delle persone è votata al turismo; o fai il cameriere o il cuoco”.
Coincidenza strana (per nulla si direbbe!) che il cuoco lo faceva anche il padre Giuseppe, noto chef della penisola, e da lì il giovane Umberto inizia a prendersi qualche rivincita con lui:
“Appena imparavo qualcosa la facevo vedere a casa!”.
Un rapporto importante quello col padre, conflittuale in tutto, e che segna il percorso anche emotivo dello chef, più o meno inconsciamente desideroso, sempre, di avere l’approvazione di questa figura così forte da volergli bene, così severa da volerlo allontanare.
“Non ho mai lavorato con mio padre, tranne in una piccola parentesi tra natale e capodanno, lui lavorava sempre fuori a Capri e quell’anno mancavano due persone e mi chiese di sostituirle. In quell’occasione ho visto una figura completamente diversa, era un giocherellone, scherzava , mi sembrava impossibile fosse mio padre.
Alla fine di questa mini esperienza lui doveva formare la brigata per la stagione, gli chiesi di essere inserito e lui mi rispose che non ero pronto…”
Da qui, un po’ per senso di rivincita un po’ per testardaggine un po’ ancora per quell’amore per la cucina trasmesso a pelle dalla vicinanza con la madre, inizia il percorso nelle cucine. Da Amburgo al ristorante La Scala a fianco dello chef Mario Zini alle cucine stellate in Italia: La Ciau del Tornavento con Maurilio e la sua cucina piemontese; la Torre del saraceno con Gennaro Esposito. E se in queste ultime impara il rigore, la perfezione, la cura, è però dal primo maestro, Zini ad Amburgo che assorbe l’amore per la materia prima, l’abilità a riconoscerla sui banchi del mercato, l’importanza dello studio continuo. Si aggiorna, si informa, si specializza sulle varietà di olio, di vino, di caffè e di cioccolato. Studia la gastronomia, tutta o quasi, approfondisce l’assaggio di vino e di olio, si sofferma sulla selezione accurata dei prodotti del territorio, privilegiando le sue origini meridionali, il sole e i limoni di Sorrento, e mixando tutto molto bene con le esperienze sia italiane che estere. A marzo 2015 lo chef De Martino decide di camminare con le sue gambe, rileva il Florian Maison a San Paolo d’Argon (BG), dove due anni dopo conquista la stella Michelin.
“Sono del Sud ma non sono focoso come ci si aspetterebbe da un napoletano!”
In questa sua espressione si riassume il suo essere riservato, inizialmente sembra timidezza, poi gentilezza, poi appaiono chiare alcune contraddizioni del suo carattere, deciso, testardo e umile, troppo umile, quasi da arrivare a non apprezzare quello che realizza.
“Noi cuochi non inventiamo nulla, assembliamo ingredienti, accostiamo sapori…che interesse ci può essere nel raccontare da dove nasce una mia ricetta?”
Però ecco che arriva un suo libro! E allora capiamo che il fulcro è proprio nel suo evidenziare di non aver inventato nulla. Perché se è vero come ci insegna il Manzoni nell’opera De Inventione che l’artista non inventa mai nulla, che la parola “invenzione” è il frequentativo del verbo latino “invenire” ossia non inventare dal nulla, ma scoprire, trovare dentro: sia dentro di sé, sia dentro la terra che ti circonda e che porti in te. Ecco che allora forse ha ragione lo chef, almeno nel concetto di non inventare. Lui semplicemente trova, e lo fa dentro di sè, quei sapori di Sorrento, quella terra che porta in lui. Anche nel panettone! Dobbiamo ringraziarlo allora, ci ha fatto rispolverare i concetti del Manzoni, per un vezzo che noi leggevamo come poca stima di sé o addirittura troppa modestia! E lui semplicemente è legato, forse inconsciamente e inconsapevolmente, al Manzoniano “invenire”!
E da qui al libro il passo è breve, il desiderio di spiegarsi forse anche a chi, come noi, si atteggiava ad insegnare una linea di pensiero e di comunicazione, quando invece avremmo solo dovuto ascoltare!
Le ricette sono organizzate in blocchi evocativi che superano la classica divisione in antipasti, primi,secondi e dessert.
- Dissenso, che contiene i piatti che lo chef presenta con forza, imponendo la sua idea di cucina, con ricette innovative e accostamenti inconsueti.
- Clamore, che contiene i piatti che in qualche modo fanno rumore, radunano i contrasti dello chef in un equilibrio da lui diretto.
- Sospensione, che racchiude il pane dello chef, accompagnamento essenziale e degno di un viaggio gastronomico
- Sussurro, che si riferisce alla piccola pasticceria dello chef De Martino: non più una pietanza, non ancora il dolce, è l’istante che precede la chiusura dei giochi, è il dettaglio che fa la differenza. È una attesa vestita di zucchero.
Ad ogni ricetta viene abbinato il vino la specifica etichetta che più si addice al piatto, grazie alla consulenza di Francesco Pagani specializzato nello storytelling enologico. Il viaggio fotografico dello chef fotografo Tiziano Carrara permette di traghettare chi legge direttamente nella cucina dello chef. Un libro che fa storia, la storia di De Martino, colui che la sua compagna di vita e di sala chiama semplicemente Chef, senza appellativi, senza articoli. Ecco questa, se la raccontasse Monia, sarebbe la Storia di Chef! Per noi sono le pagine di vita e di cucina di Umberto De Martino, il napoletano anomalo, poco focoso, con il mare nelle vene ma che vivrebbe in montagna, che adora Robert De Niro e la Bellucci, che apprezza l’imprenditoria del nord, ma ricerca l’affetto del sud. Ma che in fondo non ha inventato nulla.
Semplicemente ha creato una sua cucina stellata.
E chi volesse conoscerla ha un volume a diposizione. E pure un ristorante!
Uscita: 10 febbraio 2021 Editore: Multiverso Pagine: 192 Formato: 24x31 cm Copertina: cartonata dorso quadro Prezzo: euro 39.50 ISBN 9788894594508 Distribuzione:in vendita presso tutti i principali siti si libri, presso il ristorante Umberto De Martino e online sullo shop del sito florianmaison.com
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