Per la nostra serie di “Storie di Cibo Dietro le sbarre”
siamo nella Casa Circondariale di Catanzaro, il carcere Ugo Caridi,
sede del laboratorio di pasticceria dal quale il detenuto Fabio Valenti ha realizzato
il libro di ricette “DolciCReati”.
Un uomo dietro le sbarre. Un ergastolo. I dolci come attività quotidiana. Un libro di ricette.
La storia di Francesco Fabio Valenti, detenuto nella Casa Circondariale di Catanzaro, che ha imparato la pasticceria seguendo il famoso Luca Montersino.
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Un libro come modello ed esempio di buone pratiche autoeducative.
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Una narrazione in cui si mescolano creativamente tutti i fattori necessari al reinserimento sociale di chi è privo della libertà personale.
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Una Direzione carceraria costituzionalmente orientata a sostenere e a promuovere la crescita del senso di responsabilità individuale e collettiva dei ristretti.
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Un laboratorio di pasticceria, che è anche laboratorio di scrittura e lettura, e la prefazione di una personalità come quella di Luca Montersino, pastry chef di fama internazionale, a riprova di un’interazione del carcere con la società civile.
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L’autorizzazione, in via eccezionale, a scattare fotografie all’interno dell’istituto penitenziario
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La collaborazione di insegnanti volontari e di agenti di polizia penitenziaria come parte essenziale della stessa procedura compositiva dell’autore, tra artigianato e arte.
Sono questi soltanto alcuni degli ingredienti principali per la realizzazione del “dolce (c)reato” più saporito: l’articolo 27 della Costituzione della Repubblica italiana.
In una mattinata di qualche giorno fa, all’interno della sala teatro della Casa Circondariale di Catanzaro, è stato presentato il libro di ricette “Dolci (c)reati”, realizzato dal detenuto Francesco Fabio Valenti e pubblicato dalla casa editrice Città del Sole Edizioni.
“Perché solo così il detenuto potrà essere poi guidato, una volta fuori, ad un inserimento che sia positivo. Il carcere in Italia ha molti problemi. Dall’affollamento a tante altre questioni.
Però ha anche molte risorse, la prima tra le quali sta in chi ci opera, nel personale tutto. Che secondo me deve essere meglio valorizzato.
La seconda risorsa è il territorio e la rete che si crea tra chi ci sta dentro e chi può proporre da fuori dei progetti che aiutino al percorso di reinserimento”.
A sottolineare l’importanza di questo prezioso risultato, è stata la direttrice della Casa Circondariale di Catanzaro, la dottoressa Angela Paravati, lodando il percorso fatto dai detenuti, con la costituzione di un laboratorio di pasticceria e ricordando il lavoro:
“di un detenuto in particolare che è riuscito, nel corso degli anni a diventare un esperto pasticcere. Tanto da voler realizzare un libro di ricette. Aiutato nel nostro laboratorio di lettura e scrittura dal professor De Cumis e soprattutto dalla dottoressa Ilaria Tirinato, che ha voluto scommettere su questo libro e ne a curato la realizzazione”.
Il libro è molto particolare, non si tratta del solito libro di ricette. Basti pensare all’autore. Un uomo che da 25 anni è in carcere, con un ergastolo davanti da scontare. Una forte passione e bravura nella creazione dei dolci, con una dote artistica nella realizzazione di disegni di ricette. Un grande desiderio di raggruppare le sue ricette in un libro, e una geniale idea di collegare ogni dolce ad un articolo del codice penale.
Una sorta di scaramantica ironia, un po’ per allontanarsi da quella che è stata la sua precedente vita. E un po’ per trasformare quelli che erano dei reati in qualcosa di positivo.
Il ruolo della direttrice è stato fondamentale per attività pratiche:
- l’autorizzazione a scattare le fotografie all’interno dell’Istituto di alta sicurezza di tutti i singoli passaggi delle ricette.
- l’utilizzo continuo del laboratorio di pasticceria
- l’ottenimento della prefazione da parte di un noto personaggio televisivo di fama internazionale, Luca Montersino. Pasticcere dal quale Fabio ha tratto tutta la sua esperienza.
Un libro scritto da un ergastolano, ma realizzato grazie al lavoro di molti, personale interno e detenuti compresi.
Un esempio reale di quello che l’articolo 27 della Costituzione chiede per la rieducazione e riabilitazione di questi detenuti.
Innanzitutto la postfazione è del professore Nicola Siciliani De Cumis, maestro del laboratorio e anche “maestro di vita” con i suoi insegnamenti sul fatto che si possa scrivere non solo con le parole ma anche con i dolci, con i presepi e con tutte le attività che si svolgono. La foto della copertina raffigura due bambole, Dolcino e Dolcetta, realizzate nel laboratorio interno di sartoria dai due detenuti Antimo e Agostino. La prefazione come detto è scritta dal famoso Luca Montersino, che si è avvicinato a questo mondo proprio in questa occasione, ricordando tra le sue righe:
“di essere sempre stato poco tollerante verso chi ha commesso cose gravi. Ho sempre pensato: io ce la farei mai a perdonare una persona che magari ha toccato la mia famiglia?”.
Èd è la richiesta del suo contributo al libro che gli fa irrompere la curiosità verso un detenuto
“che ha voglia di aggrapparsi a un mestiere per riempire le lunghe giornate dentro un carcere.
Ho letto le ricette e le descrizioni, e si evince che si è formato sulle mie lezioni. Questo mi fa molto piacere e devo dire che mai avrei immaginato di essere utile nella vita di un detenuto.
Grazie a Fabio mi sono avvicinato a un mondo che per me era sconosciuto”.
Chi è questo autore, pasticcere provetto, formatosi sui libri di Montersino?
Fabio Valenti è nato ad Alessandria della Rocca (Agrigento) e ha 50 anni, si è fatto dieci anni di isolamento duro e, dopo aver viaggiato per vari istituti penitenziari, sta ora scontando l’ergastolo “forte” (e contrario alla Costituzione) della “fine pena mai” nel carcere Ugo Caridi di Catanzaro diretto da Angela Paravati.
Confida Valenti:
“Ho iniziato a ricreare dolci pasticciando tra fornelli e farine. Volevo provare a risentire quei profumi che ormai da tempo non mi appartenevano più. Erano gli odori del forno di fronte al negozio di papà. Profumi che mi raccontavano di un’altra vita che mi sembrava perduta per sempre ed io volevo disperatamente tornare, anche per pochi istanti, a quello che avevo lasciato”.
Fabio per lavorare si è costruito la bilancia, gli stampi per i babà, e ricava la farina di mandorle grattugiandole a una a una su una scatola di tonno forata, confermandoche nella vita le cose basta volerle profondamente per poterle ottenere. Persino un Laboratorio di pasticceria in un carcere. Fabio ha appreso l’arte dal “professore di pasticceria” Luca Montersino di cui ha seguito tutte le trasmissioni televisive, ha appreso l’arte, cercando di farla propria:
“I dolci li ho ricreati senza dimenticare i reati che hanno portato dolore nella mia esistenza a cui ho voluto dare un senso nuovo. E cosi ho provato a pasticciare e a rimescolare non solo farine ed ingredienti, ma anche sensazioni e pezzetti di giornate vissute…al fresco”.
E così, dopo aver usato come primo forno in carcere, come lui stesso racconta, una doppia padella alta mentre una piccola asta di legno fungeva da bilancia, Fabio è arrivato quasi per gioco al libro.
“Nato come una scommessa con me stesso”.
E ognuno delle 50 ricette è associata a specifici reati del codice penale.
I profiteroles con l’associazione a delinquere (art.416 c.p.), i cioccolatini alla calunnia (art.368 c.p.), i saccottini alla pesca con il favoreggiamento personale (art. 378 c.p.) e i cantucci all’abuso d’ufficio (art.323 c.p.)…
L’idea, suggerita dagli stessi detenuti che hanno fatto da consulenti a latere di Valenti e perfezionata dalla curatrice del volume, come spiega il professore di laboratorio De Cumis:
“mira a convertire i reati del codice in reati dolciari. Quasi a voler dire al lettore: io e i miei compagni siamo consapevoli delle realtà che ci hanno riguardato, al punto da trasformare ciò che è stato in qualcosa da cui prendere le distanze con serenità e ironia.
Un libro leggero, dove la leggerezza è da intendersi come antidoto alla pietrificazione dei sentimenti”.
E al di là delle dolci ricette, questo libro vuole comunicare il forte e profondo lavoro di persone che a costo di sacrifici si prendono la responsabilità di dare un senso alle pene, e una realizzazione pratica a quanto previsto dalla Costituzione. Un lavoro che si sta realizzando in modo egregio, anche attraverso uova, farina e pan di Spagna, all’ Ugo Caridi, un carcere con 700 detenuti e un grandioso laboratorio di pasticceria.
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