Lo chef Gianni Tota : dai vip al Dalai Lama; dai terremotati ai malati terminali.
Avete mai incontrato lo chef personale del Dalai Lama?
Che poi è lo stesso definito dai media “chef dei vip”.
Che poi è lo stesso che insegna a cucinare a chi si occupa dei malati terminali con tumore.
Che poi… vabbè leggete, e andiamo con ordine!
Incontro Gianni la prima volta in uno dei ristoranti in cui ha lavorato come Executive Chef, un locale molto “alla moda” di Milano. La fama dello “chef dei vip” lo precede, e forse uno si immagina una persona completamente diversa, più spavalda, più “sborona” come dicono a Milano!
Invece mi si presenta la pacatezza e centratezza in tenuta da chef! Giacca bianca linda, sguardo calmo e sereno, sorriso felice e tranquillo. E qui si intravede di più la versione “chef del Dalai Lama” che però sui media sembra passare in secondo piano (Vip contro Dalai, uno a zero!)
Entriamo subito in sintonia, forse per le battute simpatiche sulla sua vita da “chef dei vip”, forse per gli accenni alle molte esperienze di volontariato fatte nel corso della sua carriera, e che ancora continuano come punto fermo della sua attività.
Mi voglio concentrare sulla sua esperienza col monaco buddhista e sulle sue attività di volontariato, registro qualche gossip sui vip, ma noto che anche lui si sente lontano da quel mondo, nonostante in parte ancora ci lavori.
Mi racconta la sua “prima volta col Dalai Lama”, quella in cui c’è stato il “colpo di fulmine” visto che da allora, ogni volta che il monaco torna in Italia richiede Gianni come chef personale, come è accaduto anche nello scorso ottobre durante la permanenza del Dalai Lama a Rho Fiera.
E lo chef conosce alla perfezione i gusti del monaco, sceglie personalmente i cibi, e prepara i suoi piatti preferiti:
“Mangia poco ma di tutto, non è vegano nè vegetariano. I suoi piatti preferiti sono gli straccetti di vitello con i funghi e la torta mimosa, con il pan di spagna senza uova”
Il vero colpo di fulmine però l’ha avuto Gianni, che da quel primo incontro con il monaco si sente diverso, cambiato, lui che è sempre stato ateo e non ha mai conosciuto la religione, di nessun tipo.
“Un giorno sono stato chiamato dal Dalai Lama, credevo volesse chiedermi qualche ricetta particolare. Sono entrato nella sua stanza, tutto era studiato per tutelare il suo silenzio. Io ero intimidito e quasi in soggezione, e lui ha iniziato a parlarmi, raccontandomi cose della mia vita che non conosceva nemmeno mia madre. Mi sentivo in estasi, sapevo che mi stava cambiando la vita, anche se ancora non capivo come!”.
Gianni mi spiega che il Dalai Lama in quei giorni era a Milano per una rappresentanza per i terremotati dell’Emilia Romagna (era il 2012), e tra le cose che gli ha detto c’è stata la frase “galeotta”:
“Potresti fare qualcosa per loro, le persone colpite dal terremoto. Pensaci e saprai cosa fare”
E la decisione dello chef è stata immediata, come un’illuminazione è arrivata dritta, chissà se prima al cuore o al cervello:
“Sono immediatamente andato in direzione e ho chiesto tre mesi di aspettativa, sono partito per l’Emilia Romagna, per aiutare i terremotati: coordinavo le attività di recupero e approvvigionamento dei viveri”.
I suoi racconti sulla vita nel campo sono vivi e lucidi, ricorda tutto, anche quel silenzio evidente e forte che esiste dove c’è stato un terremoto:
“Nelle zone terremotate c’è un silenzio surreale, e la gente ferma a fissare quello che resta della sua casa”
Mentre lo descrive mi riporta al silenzio intorno al Dalai Lama che ugualmente lo aveva impressionato, lui forse abituato da sempre alla vita delle feste dei Vip, vive in modo particolare questa assenza di rumori!
Oltre a coordinare gli approvvigionamenti, Gianni non ha potuto rinunciare a mettersi ai fornelli anche in tenda!
“Con il cibo bastava poco per regalare un sorriso a quelle persone che avevano perso tutto. Ricette preparate con il loro piatto base, la piadina, e si creava subito armonia! Una lasagna fatta con le piadine al posto della pasta; un tiramisù con pezzi di piadina come savoiardi…”
Da questi racconti si apre il libro delle esperienze di volontariato, tante, forti e gratificanti, per lui di sicuro, ma anche per chi lo ascolta e vede ad ogni racconto illuminarsi quegli occhietti che sembrano quasi socchiusi, ma che ti accorgi guardano tutto con estrema attenzione.
Mi parla del Natale dei Clochard organizzato con i City Angels, insieme al suo amico Mario Furlan, evento poi ripetuto ogni anno.
Mi parla delle attività benefiche con Colorado, per raccolte fondi a favore della ricerca sulla fibrosi cistica.
Mi parla dei percorsi al buio, organizzati per diffondere la cucina sensoriale e per far capire la vita dei non vedenti:
“Io punto molto alla cucina sensoriale, di conseguenza poi arriva anche l’aspetto legato ai ciechi. Organizzo cene con 4 o 5 ingredienti base usati in tutti i piatti dall’antipasto al dolce, ma la gente di norma ne riconosce e distingue solo due o tre!”
Mi parla, mi parla, mi parla… il tempo passa, mi ha raccontato molto di lui, gli ho parlato di qualcosa di me legato alla passione per il cibo e per il volontariato, due elementi che ci accomunano (anche se io non cucino ai suoi livelli!)
E tempo dopo mi ritrovo ad assisterlo (o meglio ad osservarlo incuriosita e orgogliosa!) durante una lezione di cucina salutare e “bella da vedere”, inserita nel corso di formazione a chi assiste i malati terminali con tumore. Un’attività degna di nota: insegnare a chi prepara il cibo a questi malati terminali a cucinare sì piatti che possano far loro bene, ma anche a farlo come non si trattasse di malati, a presentarli in modo goloso e scenografico nel possibile!
Una platea quasi tutta femminile di “assistenti ai malati” rapite dalla simpatia di Gianni e dalla sua dimestichezza nella cucina improvvisata tra i banchi di scuola! Io ho assaggiato ogni ricetta, e come gli ho confessato ho apprezzato tutto. Queste le mie esatte parole:
“Senza nulla togliere ai tuoi piatti da grande chef, ma queste per me sono prelibatezze!”
Ed ora continuo a seguirlo, fisicamente o virtualmente, nei suoi numerosi impegni di lavoro (è appena volato a Kiev per una cena super prestige con la famiglia Abramovich) e di volontariato.
E proprio in questo stiamo elaborando una bellissima attività da inserire nel progetto Storie di cibo dietro le sbarre!
Felice di averlo conosciuto, non saprei che definizione scegliere tra chef dei Vip, chef del Dalai Lama, chef benefico.
Io preferisco chiamarlo Gianni, un Amico prima di tutto. Ottimo Chef senza nessun dubbio.
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